Vaccinazioni? Certamente sì!

26 Gen 2012 | Blog Farmacista, News

La somministrazione di vaccini (immunoprofilassi), è effettuata per aumentare le difese immunitarie di un individuo. La difesa di lungo periodo da una determinata malattia non riguarda solamente chi è stato vaccinato: infatti vi è una riduzione della circolazione dell’agente che ha determinato quella malattia, quindi riduzione di possibilità di infezione anche per i contatti del vaccinato. Questo ha una immediata ricaduta anche sulla spesa pubblica, con un minor numero di infetti e complicazioni, ospedalizzazioni, giorni di assenza dal lavoro.

Gli obiettivi possibili delle campagne di vaccinazione variano da un livello minimo, come controllare la diffusione di una malattia, a quello massimo, cioè eradicare completamente una malattia da una certa regione o area. L’eradicazione completa di una malattia è attuabile qualora le politiche vaccinali dei vari Paesi concordino: questo è ad esempio quello che è successo per il vaiolo. Esiste anche la possibilità di associare o di combinare tra loro differenti vaccini, ossia unire più vaccini nella stessa seduta e nella stessa fiala. Questo ha, oltre ai vantaggi evidenti a livello di compliance (la riduzione del numero delle sedute vaccinali aumenta la possibilità di seguire in maniera corretta il programma vaccinale), anche un’utilità a livello dello stato immunitario. Infatti, l’unione di più vaccini contemporaneamente può rendere più efficace la risposta immunitaria, come succede per il vaccino esavalente che viene effettuato nel terzo mese di vita (anti difterite, tetano, pertosse, Haemophilus, epatite B e poliomielite) o quello trivalente (morbillo, rosolia, parotite) somministrato all’anno di età.

Reazioni avverse

Gli effetti indesiderati correlati alla somministrazione di vaccini attualmente raccomandati e obbligatori sono estremamente limitati, a differenza di quanto avveniva nei primi anni di diffusione e promozione delle vaccinazioni. Attualmente possiamo affermare che i vaccini sono ben tollerati. Esistono naturalmente delle manifestazioni che possono comparire, che è giusto conoscere per non esser sorpresi o spaventati. Reazioni a breve termine e locali sono la comparsa di dolore e tumefazione in sede di inoculazione, dovute non tanto al vaccino in sè quanto ai componenti della soluzione veicolante. Reazioni a breve termine e sistemiche, sempre estremamente limitate, sono costituite da rialzo febbrile, malessere, irritabilità, in rari casi esantema. Lo shock anafilattico, per fortuna, può essere considerato un evento eccezionale. Le complicanze sono spesso dovute non alle caratteristiche proprie del vaccino, ma a situazioni di alterata reattività del soggetto che è stato vaccinato. E’ stato verificato che, con i vaccini attualmente in uso, le complicanze si sono ridotte di circa 1000 volte rispetto a quello che succedeva nei primi anni dei programmi vaccinali, con vaccini che erano costitutivamente diversi da quelli attuali.

Cosa fare in caso di reazioni avverse?

In caso di febbre, è bene intervenire solo quando la temperatura febbrile supera i 38,5°C rettali o i 38°C esterni. In tali condizioni si procede come da consuetudine, vale a dire reidratando il bambino, facendogli bere acqua poco e spesso, rinfrescando l’ambiente, non coprendolo troppo e somministrando un antipiretico. Generalmente viene raccomandato l’uso di paracetamolo alla dose di 10-15 mg per kg per via orale. Qualora si utilizzi la via rettale, la dose è compresa tra 15-20 mg per Kg, ripetuta ogni sei ore.

In caso di reazioni locali, può essere utile l’applicazione di ghiaccio o di un panno bagnato, per ridurre l’infiammazione ed eventualmente anche l’uso di paracetamolo per la sua azione antidolorifica, se il bambino lamenta dolore. Il vaccino anti difterite-tetano-pertosse può causare, nel sito d’iniezione, a distanza di 24 ore, la formazione di un piccolo nodulo, lievemente dolente. La risoluzione nel tempo è completa; anche in questo caso, se il bambino lamenta dolore, può essere utilizzato paracetamolo.

Controindicazioni

Parlando con molte mamme o nonne, rileviamo una grande confusione per quanto riguarda le controindicazioni alla somministrazione dei vaccini. Le più diffuse “false controindicazioni”, ossia quelle condizioni patologiche o fisiologiche che non costituiscono un impedimento al proseguimento del programma vaccinale, sono le seguenti:

1. affezioni minori, come le affezioni alle prime vie respiratorie con temperatura inferiore ai 38,5°C

2. allergie, tranne i casi di accertata intolleranza al vaccino

3. dermatite atopica o altre manifestazioni eczematose o infezioni cutanee localizzate

4. terapia con antibiotici sia orali che iniettivi o terapie cortisoniche per uso locale

5. diabete insulino-dipendente

6. malattie croniche del cuore, dei polmoni, del fegato, dei reni

7. convulsioni febbrili e non sia a livello familiare che personale

8. malattie neurologiche non evolutive

9. prematurità e immaturità

10. malnutrizione

11. allattamento al seno

Ovviamente esistono delle patologie o condizioni gravi che controindicano le vaccinazioni, come ad esempio malattie acute febbrili, immunodeficienze primarie o dovute a chemioterapia, ma in questi casi saranno gli stessi specialisti che hanno in cura il paziente a sconsigliare le vaccinazioni.

In caso di terapie con cortisonici sistemici, è bene attendere alcuni giorni dalla sospensione del trattamento prima di procedere con la vaccinazione, mentre terapie topiche, anche se di lunga durata, non richiedono sospensioni.

Spesso sentiamo dire: “Vaccinare i bambini contro le malattie quali morbillo, rosolia, varicella etc non serve a nulla, noi adulti le abbiamo avute e siamo cresciuti sani e forti!”.  Non dimentichiamo che contrarre una di queste malattie espone la persona ad una percentuale di rischio di incorrere in complicazioni nettamente superiore all’ipotetico rischio di effetti collaterali dal vaccino. Inoltre, ragionando sempre per ipotesi, non possiamo sapere con chi verrà a contatto il nostro bambino che sta incubando, ad esempio, la rosolia: e se la trasmettesse ad una donna in dolce attesa non protetta, esponendo a rischi altissimi sia lei che il feto? Da ultimo, e concludiamo, contrarre queste malattie da adulti ha un costo elevato, sia in termini di salute (da adulti non sempre si ha il tempo per curarsi come si deve…) che economici (giorni di lavoro persi).

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